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Come Cattolica si è salvata in extremis da Veneto Banca

Pubblicato il 24/07/2016 alle ore 21:52:34

Tra 2014 e l'ultima exit del 13 febbraio 2015 Veneto Banca compì oltre 7.600 operazioni di acquisto dei propri titoli. Ieri abbiamo dato conto degli ultimi 1.570 soci che, in extremis, sono riusciti a liquidare parte o l’intero investimento, al prezzo di 39,50 euro. Il colpo più grosso l'ha però fatto Cattolica Assicurazioni sei mesi prima dell'ultima vendita: il 4 agosto 2014, liquidando 1.069.299 azioni.


Si tratta di una vendita in questo caso non all'emittente, Veneto Banca, ma fuori mercato, come riporta il libro soci che abbiamo potuto consultare. Se si moltiplica la quantità per il valore delle azioni al tempo, il controvalore segnerebbe 42,2 milioni. In realtà di milioni, Cattolica ne incassò 67,3 (25 milioni in più). Merito dell’opzione «put», ovvero del diritto a vendere che Cattolica aveva dal 2010, in base a un contratto modificato in data 4 agosto 2014, si legge nel prospetto informativo per la mancata Ipo di Veneto Banca.


Anche questa vendita è finita sotto ispezione della Consob e già sanzionata dal vigilatore con lettera di maggio 2016 pervenuta alla Banca di Montebelluna. Consob ha contestato «l'omessa diffusione di un apposito comunicato stampa in merito all'esercizio dell'opzione put di Cattolica». Nei fatti, ad agosto 2014, Cattolica esercitò anticipatamente la sua «put» (vendita, ndr). Di fatto l'opzione doveva essere monetizzata tra il 1 e il 14 aprile 2015. Con il senno del poi, sarebbe stato molto più complesso visto che l'ultima tranche di vendita resa possibile dalla banca si è verificata a febbraio 2015.


Il contratto firmato nel 2010 riguarda la liquidazione di tutte le azioni Carifac, poi incorporata in Veneto Banca, detenute da Cattolica: 44.910.587 titoli. Il prezzo di vendita deciso «forfettario e non modificabile» fu di 67.365.882 euro, 1,50 ad azione. «A fronte della concessione di tale opzione, Cattolica - si legge - ha corrisposto a Veneto Banca, l'importo di 12,5 milioni». Però, con la fusione di Carifac in Veneto Banca avvenuta nel 2013 e il concambio azionario, l'opzione sulle 44 milioni di azioni Carifac si è trasformata in un'opzione put su 1.069.299 azioni Veneto Banca. L'importo poi effettivamente venduto nel 2014.


La decisione di uscire matura con l’aumento di capitale di Veneto Banca del 2014 per 500 milioni: Cattolica chiese di anticipare la vendita «rendendosi disponibile - si legge nel prospetto - alla sottoscrizione di una nuova quota di capitale di Veneto Banca per 10 milioni». Il Cda della Popolare il 23 luglio 2014 disse sì, e Cattolica portò a casa i pattuiti 67,3 milioni. «In quell'occasione - si legge nei documenti - nessuna particolare valutazione è stata svolta in ordine alla convenienza economica dell'operazione, in considerazione del breve lasso di tempo che intercorreva dall'effettiva scadenza (14 aprile 2015), dell'opportunità di mantenere fra i soci istituzionali un'importante controparte che, in caso contrario, non avrebbe aderito all'aumento di capitale e del miglioramento del Cet1 ratio derivante dalla complessiva operazione per circa 4 punti base». A fine 2014 Cattolica scriveva a bilancio una partecipazione dello 0,22% in Veneto Banca sottoscrivendo 277.777 azioni a 10 milioni

 

di valore. E a bilancio 2014 di Veneto Banca? Neanche una riga. Quello che sappiamo dal prospetto, è che nel 2013 con la fusione di Carifac in Veneto fu iscritta una riserva negativa di 53 milioni (data dal prezzo dell'opzione meno il premio) poi scomputata dal patrimonio di vigilanza.



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