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Tim, Open Fiber, piano dimissioni e sindacati

Pubblicato il 22/01/2019 alle ore 15:03:21

L'articolo è stato scritto ieri ma fornisce alcun importanti spunti che potrebbero veni utili nelle prossime settimane


 

A poco più di due mesi dall' assemblea che, il 29 marzo, stabilirà se Vivendi potrà o meno riprendere in mano le redini del cda di Tim, il titolo dell' ex monopolista del telefono sprofonda a prezzi di saldo. Una situazione che favorisce chi, in questi giorni, sta costruendo posizioni azionarie in vista della battaglia sulla revoca di 5 consiglieri targati Elliott che i francesi vogliono sostituire con i loro candidati.

 

Ieri il titolo ha chiuso in ribasso del 2,6%, atterrando a quota 0,4757 euro, mai così in basso negli ultimi 5 anni e pericolosamente vicino al minimo storico (di chiusura) toccato nei primi giorni di agosto del 2013 a 0,471 euro. Ora non ci sono più solo i conti preliminari in calo presentati al termine del cda di giovedì e l' incertezza per il 2019. A far scattare le vendite c' è anche l' incognita legata al futuro della rete. Il progetto di separazione legale volontaria avviato a marzo dall' ex ad Amos Genish (e che trovava il sostegno di Vivendi) appare naufragato.

 

L' Agcom dice che se Tim, pur scorporando l' infrastruttura, non rinuncia al controllo resta in posizione dominante: cambia poco. A questo punto l' ad Luigi Gubitosi, alle prese col nuovo piano, dovrà scegliere: o tutto (senza escludere la perdita del controllo della rete) o niente (mantenendo lo status quo).

 

Il fondo Elliott ne approfitta per alzare le pressioni dopo «un anno di distruzione di valore e di tempo perso a spese di Tim, dei suoi azionisti, e dell' intero Paese». Il fondo ritiene che «l' attuale cda di Tim debba intraprendere senza ulteriori ritardi i passi necessari per la creazione e la separazione di una rete unica, che possa creare valore per l' azienda e i suoi dipendenti, per gli azionisti e per il sistema Paese».

 

Nel suo piano «Transforming Tim» Elliott già un anno fa segnalava come con la separazione si potesse far emergere un valore nascosto fino a 7 miliardi di euro. Alla luce del provvedimento del governo, Elliott vuole favorire la creazione dell' infrastruttura unica con Open Fiber per ottenere la Rab, il regime tariffario incentivante per i business esercitati in regime di monopolio naturale.

 

Tim, in questo schema, potrebbe mantenere tra il 25 e il 75% della società di rete purché, in accordo con la Cdp e Enel, raggiunga la rete unica. E ciò, magari, con una quotazione, come accaduto con Rai Way nel processo gestito da Gubitosi quando era in Viale Mazzini. Una separazione però non sarebbe indolore.I sindacati temono l' impoverimento industriale in vista dell' avvento del 5G, la cessione della società di servizi, conseguenze dolorose per l' occupazione.

 

«Elliott pensa solo al ritorno del suo investimento e non alle prospettive industriali di Tim, non mi stupisce che voglia la separazione della rete: noi la pensiamo in maniera opposta», dice per esempio Marco Del Cimmuto, di Slc Cgil. Una soluzione potrebbe essere l' acquisto di Open Fiber da parte di Tim, ma senza scorporo, con Cdp ed Enel pronte a salire nell' azionariato attraverso uno scambio di carta.

 

Non c' è però solo la rete. Gli analisti si attendono un piano industriale d' attacco. Tra le priorità che Gubitosi è chiamato ad affrontare c' è la riduzione del debito, e sale il pressing del mercato affinché si consideri la cessione delle quote in Inwit, Persidera e Sparkle, per abbassare di almeno 3 miliardi il fardello che oggi, di miliardi, ne vale 25,2.

 

Fonte 

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/dopo-stangata-agcom-piano-genish-tim-perde-ancora-borsa-7-193473.htm
 



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